Obras que realzan el color, los volúmenes, despiertan emociones, capaces de comunicar y estimular posibles interpretaciones personales.
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Imágenes reconducibles a una realidad tangible, vivida o soñada, de mundos exóticos y nostálgicos. Elecciones figurativas que frecuentemente fluyen del inconsciente, con significados arcanos a los que cada uno puede dar una libre interpretación. Estimular para encontrar respuestas sobre el porqué surgen determinadas formas con múltiples significados, diferentes de los contextos vividos o historizados a los que estamos acostumbrados, es atractivo. El observador es parte activa, participante, con su propia cultura y bagaje vivencial, en la decodificación de la obra que puede no coincidir con las intenciones del autor.
Il mondo fenomenico di Piccinno è quello del “velo di Maya” di Arthur Schopenhauer, manifestandosi attraverso forme a priori di spazio, tempo e causalità che sono altro rispetto alla realtà in sé, esprimibile dal “noumeno”. Tali forme sono inganni, espressione di una vita simile a un sogno. [...] Piccinno si interroga sulla vera realtà, non sull’apparenza illusoria, squarcia “il velo di Maya”, va oltre le illusioni fenomeniche, punta sulla volontà (l’unica vera essenza dell’uomo), rimanendo,
però, cosciente - come del resto Schopenhauer - che «la condizione esistenziale umana sia come un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, passando attraverso il breve intervallo del piacere». Piccinno – secondo la concezione del filosofo tedesco – possiede uno sguardo atto a penetrare nell’interno del mondo e a coglierne l’essenziale. Cerca di pervenire alla verità, come il Premio Nobel, Eugenio Montale (1896-1981) attraverso “il varco” (“il fantasma che ti salva ” di “In limine” del 1924), l’infinito dei tagli di Lucio Fontana.